Partendo alle nove, prendendo la 131 e svoltando al bivio per Nuoro, come tappa iniziale scegliamo l’agro di Orune per poter visitare il pozzo sacro di Su Tempiesu (dal nome di un tempiese che lavorava nella zona agli inizi del secolo scorso).
Da sempre la Sardegna è stata caratterizzata dalla dualità zone costiere/zone interne. Questa dicotomia, nei secoli, ha dato luogo a differenze culturali e linguistiche che gli esperti di sardistica ben conoscono. Nonostante tutto la Sardegna dev’essere considerata come un insieme, formato, appunto, dalle diverse varietà, uniche e irripetibili, ma complementari l’una dell’altra per l’identità dell’isola.
Dal punto di vista naturalistico chi abita nelle città, Sassari o Cagliari, più frequentemente conosce meglio e visita maggiormente, come del resto i turisti, le zone di mare, spesso ingannato dal pregiudizio che nelle zone interne, d’interessante, vi siano solo i nuraghi o le tombe dei giganti. In realtà le attrattive dell’isola sono varie e poco pubblicizzate.
Tra aprile e maggio il calendario inizia a mostrare alcune festività infrasettimanali e utilizzare una di queste giornate per fare una gita fuori porta diventa utile anche per scoprire nuovi luoghi, così capita che, proprio in una di queste date, da Sassari, con una nutrita comitiva di amici, decidiamo di fare un breve giro alla scoperta di tre siti differenti dell’isola.
Partendo alle nove, prendendo la 131 e svoltando al bivio per Nuoro, come tappa iniziale scegliamo l’agro di Orune per poter visitare il pozzo sacro di Su Tempiesu (dal nome di un tempiese che lavorava nella zona agli inizi del secolo scorso). Il percorso non è difficile e dopo il paese troviamo indicazioni che portano verso una strada bianca, strada che porta verso il caseggiato della cooperativa che gestisce le visite al pozzo. Facciamo i biglietti e, scendendo per circa 800 metri, prendiamo uno dei due percorsi del sito (prima l’itinerario botanico per poi riservarci quello faunistico, che a ragion del vero di faunistico non ha niente se non dei cartelli con illustrazioni di animali tipici della zona!), dirigendoci, in mezzo ad una vallata immersa nel verde, verso il monumento.
In questa campagna, fra due pareti in forte pendio, da dove fuoriesce una fonte d’acqua che continuamente alimenta il pozzo sacro, ci appare la struttura in tutta la sua bellezza e originalità. Ai nostri occhi, infatti, balza subito la particolarità dell’impianto, originariamente alto circa sette metri, simile ad una piccola casa fornita di un tetto spiovente, purtroppo in parte distrutto. In realtà la semplicità e la “razionalità” della struttura nascondono interessanti soluzioni tecniche, notevoli per il periodo in cui si ritiene sia stato costruito il pozzo, cioè tra il XII e X secolo a.C.. Osservando meglio si nota che la struttura è costruita con blocchi di trachite ben lavorati, squadrati, tagliati obliquamente e perfettamente incastrati. Presenta un ingresso a pianta rettangolare, coperto da due archetti monolitici ad arco ribassato, una copertura a doppio spiovente e una facciata con timpano triangolare, acuto.
Dall’atrio, attraverso una piccola scala, trapezoidale, composta da quattro gradini, si arriva all’ambiente che raccoglie e custodisce l’acqua, che traboccando dal pozzo scorre in un solco, per poi convogliarsi in un canaletto tracciato sul lastricato dell’ingresso e fuoriuscire all’esterno. Il fascino del pozzo, alimentato anche dal contrasto del colore scuro della trachite in contrapposizione alla vallata verde circostante, in cui la struttura “appare” immersa, cresce pensando alle difficoltà dei costruttori, protosardi, nel dover portare i materiali di costruzione nel sito.
Poi, fortunatamente, in mezzo ad un altro gruppo di visitatori, troviamo un uomo che, fornito della prima edizione de “La civiltà dei Sardi” del Lilliu, ci illustra le particolarità del pozzo. Lo ringraziamo e dopo una sua breve battuta, ispirata dal rammarico per la scarsa valorizzazione dei siti archeologici sardi, “noi siamo più protosardi dei protosardi che costruirono Su Tempiesu”, ridiamo e salutiamo. Risaliamo per il percorso faunistico, facciamo una breve pausa per il pranzo e successivamente ripartiamo per la seconda tappa, non molto distante ma un po’ impegnativa.
Ritornando verso Nuoro, prendiamo la ss131dir, ci dirigiamo verso Dorgali, ma svoltiamo all’incrocio con la ss125 verso Orosei, per poi deviare in una strada secondaria che attraversa le campagne dorgalesi. Dopo un breve tratto, raggiungendo il monte s’Ospile, posteggiamo le auto, riattiviamo la circolazione delle gambe percorrendo una gradinata in salita, e arriviamo alla Grotta di Ispinigoli.
Entrando siamo immediatamente rapiti dallo spettacolo dell’ampio vano centrale, contrastante rispetto all’accesso attraverso lo stretto ingresso e all’idea pregiudiziale, propria del visitatore inesperto che si accinge a compiere un percorso sotterraneo, di una strada che “dovrebbe portare sottoterra attraverso cunicoli e strette vie”, e sembra proprio di vivere la sequenza del film “Il signore degli anelli”, tratto dall’omonimo romanzo di J.R.R. Tolkien, in cui si visita la città dei nani, costruita da piccole genti, nelle caverne sotto le montagne, ma enorme e ricca di gigantesche colonne portanti.
Chiunque leggendo i libri geografici capisce come l’acqua operi un lavoro meccanico e chimico nei confronti delle rocce calcaree, può studiare le formule che descrivono la trasformazione del carbonato di calcio in bicarbonato e quelle con la precipitazione di questo che, attraverso le acque percolanti a stillicidio o a veli nelle grotte, si deposita dando luogo alle stalattiti, alle stalagmiti e alle colonne prodotte dalla fusione di queste, ma dalle pagine dei libri non potrà mai riuscire a cogliere la bellezza di unambiente naturale che, dal vero, sembra vivere e respirare, anche nel caso di Ispinigoli, nostante questa grotta sia ormai ritenuta “fossile”, considerato che, ogni volta che piove, l’acqua penetra nelle fessure e scorre attraverso le concrezioni, come se fosse una linfa vitale.
La Grotta di Ispinigoli, oltre a presentare alcuni vani laterali, immediatamente visibili percorrendo la gradinata che porta verso il pavimento, è caratterizzata da un ampio “salone” centrale in cui, come un enorme colonna portante, si trova una stalattite-stalagmite di 38 metri. Nell’insieme “decorata” con colori chiari, che vanno dal bianco al giallo sporco, arrichita dai vari agglomerati, dalle varie stalattiti e stalagmiti, con concrezioni a cascata e concrezioni lamellari, questa grotta sembra assomigliare all’interno di una chiesa gotica, tendenzialmente elevata verso l’alto e impreziosita da un gioco di chiaroscuri, decorata con archi rampanti, guglie, strombature, costoloni, colonne scanalate e rudentate. Sembra impossibile pensare che il lavoro dell’acqua, e non la mano dell’uomo, sia in grado di costruire una struttura simile! La nostra visita, come quella del normale turista, termina all’ingresso per l’Abisso delle vergini, un cunicolo verticale, lungo circa 60 metri e collegato con la Grotta di S.Giovanni. Risaliamo e ci dirigiamo alle auto per l’ultima tappa.
Ritorniamo indietro fino al bivio della strada secondaria che dalla ss125 si diparte per le campagne dorgalesi, svoltiamo a destra e proseguiamo in direzione del mare percorrendo altri due chilometri e mezzo di strada asfaltata e cinque chilometri, circa, di strada sterrata, fino alla spiaggia di Cartoe. Ci sdraiamo nella sabbia e ci godiamo il sole in questa riva riparata da un piccolo golfo, considerando che, anche avendo visitato dei luoghi nelle zone interne dell’isola, non ci siamo comunque preclusi una visita al mare. La giornata non è nuvolosa e possiamo ammirare l’acqua azzurra e la sabbia chiarissima, come raccchiuse in una cornice dalle zone rocciose laterali e dal verde della macchia mediterranea retrostante. Non è difficile capire perché per girare il remake del film “Travolti da un insolito destino”, con Madonna al posto della Melato, abbiano scelto anche questa spiaggia. La giornata è trascorsa e possiamo rientrare.
Ripartiamo verso Nuoro e da lì proseguiamo per la ss131 fino a Sassari. A Sassari, prima di congedarci, alcuni commentano felici la gita, altri dicono che probabilmente con il miglioramento di alcune strade e con la costruzione di qualche ponte, e nel nostro caso soprattutto nei pressi di Orune, potrebbe migliorare l’afflusso dei turisti nell’interno, altri ancora aggiungono che sarebbe opportuno creare un turismo integrato efficiente, tra zone costiere e zone interne, ma alla fine la stanchezza ci sovrasta e andiamo a dormire, stanchi ma piacevolmente soddisfatti.
di Cristian Ribichesu